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LANCILLOTTO E GINEVRA

Premiére: Fabbrichino – Teatro Metastasio (Prato), 8 Novembre 2022

di Riccardo Favaro e Giovanni Ortoleva
liberamente tratto da Chretien de Troyes e Sir Thomas Malory
regia di Giovanni Ortoleva
musiche di Pietro Guarracino
con Leda Kreider e Edoardo Sorgente
produzione Fondazione Teatro Metastasio di Prato
in collaborazione con Kanterstrasse, Capotrave/Kilowatt, Olinda

foto di scena Giulia Lenzi

Quando pensiamo ai romanzi cavallereschi la nostra mente viene affollata da corazze, scudi, stendardi. Vediamo pesanti armature venire montate sui cavalli dagli stallieri, imbracciare lance di legno e sfidarsi a duello in nome di una dama distante. Sentiamo il rumore del loro cozzare riempire le foreste di un’Europa mitica, ancora piena di boschi. Quando pensiamo ai cavalieri dimentichiamo, sistematicamente, la loro carne. La carne che vive dentro le armature. La carne che tanti colpi prende, si lacera, ribolle alla vista della propria dama e gronda di sangue dopo un torneo. Questa è uno spettacolo sulla carne.

In uno dei miti più noti del ciclo bretone, Ginevra, moglie di Artù, e Lancillotto, il più valente cavaliere del Re, cadono preda di un amore che porterà a scontri intestini e lotte fratricide, fino alla tragica caduta del regno. In seno alla cultura cortese nasce una storia che celebra il tramonto della tavola rotonda, come un cane che si morde la coda: è proprio il tanto decantato amore, spesso al centro delle prove affrontate dai cavalieri di Artù, a decretare la sua fine.

Setacciando gli ampi materiali che formano il ciclo arturiano e gli circolano intorno, da Chretien de Troyes a sir Thomas Malory, da Dante Alighieri a Robert Bresson, Giovanni Ortoleva e Riccardo Favaro attraversano il mito e ne compiono una riscrittura essenziale, capace di far intravedere attraverso la vicenda dei due amanti l’affresco di un mondo in rapido cambiamento.

Nella loro infinita, incolmabile distanza dal mondo reale, i romanzi cortesi parlano ad ogni epoca facendo riflettere su ciò che in essi si trova e che nella realtà manca. Non possiamo sapere che effetto facessero su chi li ascoltasse nella prima parte dello scorso millennio, ma a colpirci oggi non sono tanto gli animali fantastici o gli incantesimi quanto il mondo ideale dei cavalieri, la loro condivisione di valori per cui morire. Oggi la tavola rotonda, la cui forma indicava che nessuno poteva esserne il vertice, è più inimmaginabile degli ippogrifi. Se è vero, come dice Denis De Rougemont, che l’Occidente si fonda sull’idea di amore descritto nei romanzi cortesi, viene naturale chiedersi come ha fatto a perdere tutto il resto che si trova in quelle pagine.
A questo proposito, proprio la storia di Lancillotto e Ginevra è cruciale. Quando la moglie di Re Artù e il suo cavaliere più valoroso avviano la loro relazione clandestina stanno mettendo in moto il processo che porterà alla fine del regno di Artù. Stanno decidendo, o non stanno riuscendo ad evitare, di distruggere la tavola rotonda. Stanno scegliendo l’amore al posto degli ideali. Stanno scegliendo per noi.

Giovanni Ortoleva

PRESS

“Una versione originale di Lancillotto e Ginevra, dalla bella drammaturgia.”

Anna Bandettini, La Repubblica

“Avvolto nella penombra di una pensosa oscurità, il Fabbrichino, dove lo spettacolo ha felicemente debuttato, […], è uno spazio mentale, una radura mistica. Una vertigine fiabesca che i due amanti, scacciati come Adamo ed Eva dal paradiso delle convenzioni, dei nobili sentimenti, luttuosamente vestiti, dilaniati dai rimorsi e afflitti dai sensi di colpa, partendo da Chretien de Troyes increspano di parole e sentimenti, un vortice di sussurri e grida, testimoni principi e artefici massimi del fallimento della missione cavalleresca.”

Gabriele Rizza, Il Manifesto

“Palcoscenico vuoto anche in Lancillotto e Ginevra, immerso in buio e tenebre squarciati da fenditure di luce, oscuro sarcofago a contenere i tormenti dei due amanti e pochi frammenti di armature (queste sì rilucenti) abbandonati a terra. Oscurità con qualche bagliore, come oscuro con qualche bagliore è l’inconscio. […] Del resto tra il regista Ortoleva e l’interprete Sorgente il sodalizio risale ai tempi dell’apprendimento artistico alla Scuola Paolo Grassi, e in Lancillotto e Ginevra hanno vinto forse la sfida più complessa e ardua. Basti dire che insieme son riusciti a dare un senso espressivo anche agli scricchiolii delle scarpe di vernice.”

Sandro Avanzo, Spettacoli News

“La coppia [Leda Kreider ed Edoardo Sorgente] trascina il pubblico in profondità e anche oltre, in una caduta che è volo verso l’ultra baritonale, il viscerale. […] Si ha spesso la sensazione di stare sotto al palco di un club ad ascoltare un gruppo post rock, emisfero da cui Lancillotto e Ginevra mutua la convivenza tra suoni preprodotti ed esibizione dal vivo, con l’elemento umano che si lacera sopra alla ripetitività monolitica dei campionatori. La musica è parte della drammaturgia, ma nel contempo la contiene, rispecchiandone la tonalità autoriale: una tensione al “post”, del quale Giovanni Ortoleva sembra aver cara l’eleganza e la validità espressiva, aldilà di ogni ansia innovativistica.”

David Della Scala, Rumorscena

Leda Kreider ed Edoardo Sorgente si manifestano dalla spessa oscurità che assedia il palcoscenico sui tre lati. […] Attrice e attore sono i soggetti, ma anche gli oggetti della narrazione: muovono la loro sembianza primaria, cioè la regina e il cavaliere e, parimenti, sono mossi e abitati da tutti gli altri personaggi che i due incontrano lungo questa spericolata odissea della sragione amorosa. Per riuscirci, bisogna essere interpreti ispirati e rigorosi, dall’orecchio assoluto: Kreider e Sorgente lo sono eccome.”

Matteo Brighenti, Pane Acqua Culture

“Lancillotto e Ginevra appaiono in forma di fendenti (e la luce si imprime sulla scena come lacerazione, primaria e verticale, del buio) di una vicenda che si è edificata, nei secoli, attraverso le proprie sistematiche rinarrazioni. Tutte le scelte (verbali, espressive, scenografiche) concorrono a una composizione profonda e disadorna che evoca, degli amanti, i profili carnali eppure esangui, precedenti la leggenda. […] Edoardo Sorgente è un Lancillotto delicato ed eroso, che contrappunta con il proprio disarmo la perfezione con cui Leda Kreider aderisce all’incanto di Ginevra.”

Ilaria Rossini, Teatro e Critica

Premiére: Fabbrichino – Teatro Metastasio (Prato), Nov. 8, 2022

 

by Riccardo Favaro and Giovanni Ortoleva
freely adapted from Chretien de Troyes and Sir Thomas Malory
directed by Giovanni Ortoleva
music by Pietro Guarracino
with Leda Kreider and Edoardo Sorgente
production Fondazione Teatro Metastasio di Prato
in collaboration with Kanterstrasse, Capotrave/Kilowatt, Olinda

 

stage photos by Giulia Lenzi

 

When we think of chivalric novels our minds are crowded with armor, shields, banners. We see heavy armor being mounted on horses by stablemen, slinging wooden spears and dueling in the name of a distant lady. We hear the sound of their clashing fill the forests of a mythical, still forested Europe. When we think of knights we forget, systematically, their flesh. The flesh that lives inside the armor. The flesh that takes so many blows, that tears, seethes at the sight of one’s lady and drips with blood after a tournament. This is a play about flesh.

 

In one of the best-known myths of the Breton cycle, Guinevere, Arthur’s wife, and Lancelot, the king’s most valiant knight, fall prey to a love that will lead to infighting and fratricidal strife, until the tragic fall of the kingdom. In the bosom of courtly culture, a story celebrating the decline of the Round Table was born, like a dog biting its own tail: it is the much-vaunted love, often at the center of the trials faced by Arthur’s knights, that causes its end.

 

Sifting through the vast materials that make up the Arthurian cycle and circulate around it, from Chretien de Troyes to Sir Thomas Malory, from Dante Alighieri to Robert Bresson, Giovanni Ortoleva and Riccardo Favaro traverse the myth and perform an essential rewriting of it, capable of providing a fresco of that rapidly changing world through the story of the two lovers .

 

In their infinite, unbridgeable distance from the real world, the courtly novels speak to every age by making us reflect on what can be found in them that is missing in reality. We cannot know what effect these stories had on those who listened to them in the first part of the last millennium, but what strikes us today is not so much the fantastic animals or the spells as the ideal world of knights, their shared values to die for. Today the round table, whose shape indicated that no one could be its summit, is more unimaginable than hippogriffs. If it is true, as Denis De Rougemont says, that the West is founded on the idea of love described in courtly novels, it is natural to wonder how everything else that was in those pages went missing.

 

In this regard, the very story of Lancelot and Guinevere is crucial. When King Arthur’s wife and his most valiant knight initiate their clandestine relationship they are setting in motion the process that will lead to the end of Arthur’s reign. They are deciding, or failing to avoid, the destruction of the round table. They are choosing love over ideals. They are choosing for us.

 

Giovanni Ortoleva

 

PRESS

 

“A beautifully dramatized, original version of Lancelot and Guinevere.”

Anna Bandettini, La Repubblica

 

“Wrapped in pensive gloom, the Fabbrichino, where the show happily debuted, […], is a mental space, a mystical glade. A fairy-tale vertigo that the two lovers, cast out like Adam and Eve from the paradise of conventions, of noble sentiments, mournfully clothed, torn by remorse and afflicted by guilt, starting from Chretien de Troyes ripple with words and feelings, a vortex of whispers and cries”

Gabriele Rizza, Il Manifesto

 

“Empty stage also in Lancelot and Guinevere, plunged into darkness and gloom ripped open by slits of light, dark sarcophagus containing the torments of the two lovers and a few fragments of armor (these, yes, shining) abandoned on the ground. Darkness with some glow, as dark with some glow is the unconscious. […] After all, between director Ortoleva and performer Sorgente, the fellowship goes back to the days of artistic learning at the Paolo Grassi School, and in Lancelot and Guinevere they have won perhaps the most complex and arduous challenge. Suffice it to say that together they managed to give expressive meaning even to the creaking of patent leather shoes.”

Sandro Avanzo, Spettacolinews

 

“The pair [Leda Kreider and Edoardo Sorgente] pulls the audience deep and even beyond, in a fall that is flight to the ultra baritone, the visceral. […] One often has the feeling of standing under a club stage listening to a post-rock band, a hemisphere from which Lancelot and Guinevere borrows the coexistence of pre-produced sounds and live performance, with the human element tearing above the monolithic repetitiveness of the samplers. The music is part of the dramaturgy, but at the same time it contains it, reflecting its tonality. A tension to the “post-“, of which Giovanni Ortoleva seems to have cherished the elegance and expressive validity, beyond any innovativistic anxiety.”

David Della Scala, Rumorscena

 

“Leda Kreider and Edoardo Sorgente manifest themselves from the thick darkness that besieges the stage on three sides. […] Actress and actor are the subjects, but also the objects of the narrative: they move their primary semblance, that is, the queen and the knight, and, likewise, they are moved and inhabited by all the other characters the two encounter along this reckless odyssey of amorous reasons. To pull this off, one must be an inspired and rigorous performer with an absolute ear; Kreider and Sorgente certainly are.”

Matteo Brighenti, Pane acqua culture

 

“Lancelot and Guinevere appear in the form of slashes (and light imprints itself on the scene as a laceration, primary and vertical, of darkness) of an affair that has been built up, over the centuries, through its own systematic renarratives. All the choices (verbal, expressive, scenographic) concur in a deep and unadorned composition that evokes, of the lovers, the carnal yet lifeless profiles preceding the legend. […] Edoardo Sorgente is a delicate and eroded Lancelot, who counterpoints with his own disarmament the perfection with which Leda Kreider adheres to Guinevere’s enchantment.”

Ilaria Rossini, Teatro e critica